🙂 Questo articolo vuole essere uno spunto di riflessione a prescindere dalla genitorialità, connessa alla disabilità.

❗Nella relazione con i figli, spesso ci concentriamo su ciò che non funziona, perdendo di vista le risorse e i loro pregi.❣

Inizio con una piccola premessa:Sono una mamma, e comprendo benissimo, il desiderio di voler fare sempre il meglio per i nostri figli. Tutti noi genitori, desideriamo figli sani e senza complicazioni durante la gravidanza, il parto e per tutta la loro esistenza.

Tuttavia credo sia giusto accettare il “Destino” e qualora non dovessero essere così, di elaborare il prima possibile, (per i proprio bene e quello dei propri cari), che Tutto abbia un senso.

Per ogni figlio avrei qualcosa da raccontare.Un giorno vi racconterò questo aspetto della mia vita, perché ho sfiorato la disabilità come mamma, per ben tre volte.

Ho toccato invece con mano alcune storie connesse alla Disabilità in questi ultimi mesi.

Grazie ad incontri e a testimonianze, ho compreso molto più in profondità, il mondo della Disabilità.

Sono giunta alla conclusione che la sofferenza più grande, che accomuna le persone disabili, e i loro genitori, sia la mancanza di accettazione.

Portano sulla pelle, il marchio della diversità… della malattia, come se avessero voluto farsi reciprocamente uno scherzo di cattivo gusto.

Perché mi hai fatto nascere così?

…Perché non ho messo al mondo un figlio sano?

Perché proprio a me?

Che cosa ho fatto di male?

Sono sicuramente domande ricorrenti che alimentano scarsa autostima, rabbia, dolore e pessimismo.

Nutrire il senso di colpa, o rifugiarsi nella negazione per un “evento non programmato” non aiuterà a stare meglio.

Non so cosa significhi guardarsi in uno specchio che riflette il proprio handicap.

Ma so cosa significhi avere un nodo in gola ogni volta che guardavo mio figlio in un letto d’ospedale.

Ho provato rabbia per le incompetenze dei medici oppure quando non riuscivano a darmi una risposta.

Ho avuto modo di sperimentare in prima persona, quanto spreco di energie abbia investito nel concentrarmi solo sul “problema”

La malattia o la disabilità di un figlio può farci perdere di vista le priorità e altre prospettive.

Quest’anno la mia vita familiare e il mio equilibrio sono stati messi a dura prova!

Incredibile da affermare ma, nonostante le mie “competenze” ho messo in atto un meccanismo perverso.

Ho rischiato di compromettere la mia salute e il benessere psicologico di mio figlio, che in quei mesi aveva bisogno di sentirsi sostenuto.

Vi posso assicurare che nei momenti di emergenza, ogni pensiero, decisione, stato d’animo si vive in funzione di quella disabilità o malattia.

Mi sono resa conto che diventa “normale” per i genitori, Care Giver, gli specialisti, e i disabili stessi, focalizzarsi sulla malattia.

Si dà più importanza a ciò che non va, dimenticandosi di osservare cosa invece funzioni e come si possa potenziare.

Gli “addetti ai lavori” in ambito scolastico, medico, assistenziale, dovrebbero essere preparati per supportare i familiari.

E, suggerire a scopo preventivo delle strategie per evitare che si possano verificare alcune situazioni a rischio.

Per un figlio, non essere considerato dai familiari, fonte di gioia ma causa di problemi, è davvero difficile come punto di partenza.

Si dimentica così di avere un tesoro interiore da scoprire e, quel “potenziale umano” resta nascosto.Tutti abbiamo un potenziale che va scoperto e valorizzato, vale anche le persone disabili.

Ognuno di noi, se messo nelle giuste condizioni, può offrire il suo contributo personale nella famiglia e nella società.

Per riuscire a creare i presupposti per uno sviluppo sano ed equilibrato, a prescindere se abbiamo figli portatori di handicap, bisogna fare una riflessione.

O forse no, più che una riflessione bisogna immaginare come ci sentiremo se fossimo al loro posto.

E rispondere a queste due domande

  • Come vorremmo essere trattati?
  • Cosa vorremmo sentirci dire?

Alla fine di questo articolo troverete una breve “Intervista Live” registrata in occasione del mio viaggio a Roma.

Monica ci racconta la storia di Lisa, una ragazza tetraplegica che muove solo gli occhi.

Con immensa gratitudine per questa testimonianza rilasciata per il mio BiVlog, saluto Monica e tutti voi con un Abbraccio Cosmico.

AnnA❣