Sensibilizzare l’opinione pubblica, sui temi che riguardano la Sessualità e la Disabilità, scrivendo articoli e raccogliendo testimonianze audiovisive che poi pubblico sul Canale YouTube, è parte fondamentale della mia Mission.

Condivido questo video di Fanpage, in cui una ragazza paraplegica racconta aneddoti divertenti dal gusto dolce amaro, che fanno riflettere in che modo è cambiata l’approccio in relazione all’amore e alla sessualità, dopo il suo incidente.

Il fatto straordinario che mi ha sorpreso è che il Tema Amore e Sesso in relazione alla disabilità riscuote molta attenzione. Questo video ha raggiunto al 17 Marzo 2020 oltre 51 Mila visualizzazioni!!!

La preziosa testimonianza di questa giovane donna fa emergere il peso di tutti questi pregiudizi, che nascono dall’ignoranza e poiché la sua forza d’animo e il suo carattere non le hanno fatto perdere la gioia di vivere, emerge in che modo le persone, si pongono nei confronti di chi, come lei si sente una persona normale anche se non riesce a muovere le gambe!

Dopo aver visto il video, vi invito ad immaginare per un momento, cosa significa invece, per una persona con una disabilità congenita, dover affrontare gli stessi pregiudizi e gli stessi tabù ma senza il background e la sicurezza di aver vissuto in passato relazioni amorose e conosca già il proprio Corpo in relazione al Sesso.

Io lavoro principalmente con persone con disabilità congenite fisiche, e scoprire cosa significa vivere la disabilita immedesimandomi nel corpo e nella vita di una persona che arriva in età adulta senza conoscere il proprio Corpo e quello dell’altro, è stata ogni volta un’esperienza molto intensa.

Ho deciso di offrire da pochi mesi Assistenza Sentimentale e Sessuale Olistica, alle persone disabili e come anticipavo in apertura, il mio impegno nel divulgare grazie a questo Blog una realtà spesso sconosciuta è parte integrante del mio lavoro e della mia Mission.

Chi leggerà questo articolo, se non vive in prima persona la malattia o l’handicap, potrà capire quanto gli stereotipi, i pregiudizi e i tabù ostacolano molto di più delle barriere architettoniche!

Per raggiungere questo obiettivo vi parlerò di due scrittrici coinvolte nella disabilità motoria che ho conosciuto personalmente e vi consiglio di leggere i libri autobiografici perché entrando nell’intimità della loro vita privata, darete molto più valore a ciò che avete vissuto nella vostra vita, senza dover dimostrare di essere donne o uomini capaci e in grado di riuscire a fare ciò che volevate.

Voi penserete alla grande fatica e alla sofferenza di riuscire a camminare, di come fare la doccia al mattino, o al mettere il pigiama la sera… (indubbiamente uno sforzo immane), ed invece scoprirete che sono altre le sofferenze e le sfide che hanno dovuto superare per vivere una Vita normale! Mirella Santamato nel suo libro autobiografico “Io Sirena fuor d’acqua” ha denunciato molte discriminazioni ricevute solo perché la poliomielite le ha creato difficoltà nel camminare.

Zoe Rondini invece, nel suo libro autobiografico “Nata Viva” racconta come, l’infanzia e l’adolescenza sono state vissute con sacrificio non solo a causa della malattia, ma per le tante convinzioni, pregiudizi e stereotipi che le hanno aggiunto sofferenza e ostacoli ad una vita già di per sé difficile a causa dei 5 minuti in cui non ha respirato alla nascita.

Zoe e Mirella sono due Donne che pur avendo Disabilità motoria, ci insegnano che, nonostante l’handicap, si può avere una vita come tutti gli altri, e quindi studiare, lavorare, innamorarsi, fare l’amore e perfino guidare un’automobile!

Con moltissimi sacrifici, sono riuscite a contrastare quei paradigmi sociali e culturali, che negavano loro, i diritti fondamentali, sanciti anche dalla Costituzione italiana.

Mirella è riuscita a studiare per laurearsi, e scegliere la professione dell’insegnamento, ha preso la patente e guida la sua auto con cambio automatico. Ammiro il suo coraggio per non aver rinunciato all’amore e alla sessualità, perché questo aspetto unito al suo desiderio di sposarsi e diventare madre, è stata per lei una doppia sfida.

Una doppia sfida, perché donna e disabile.

Nel suo libro “Io Sirena fuor d’acqua” racconta quanto il pregiudizio e le paure hanno impedito di vivere la gioia e la felicità di un primo amore. Essere stata giudicata solo per l’aspetto fisico le ha dato la forza di mostrare a se stessa e agli altri che era molto di più di un corpo disabile.

Grazie alla loro tenacia, caparbietà e immensa forza di volontà, Mirella e Zoe hanno fatto emergere le risorse e il talento sicure di camminare a testa alta, lungo la strada decisa da loro e non da altri. A questo proposito ho scritto un articolo dedicato a tutti i Genitori, in special modo ai Genitori dei figli con handicap, che potrete leggere cliccando 👉 questo link.

Entrambi i libri rappresentano una straordinaria testimonianza di come due teenagers durante la loro prima giovinezza, nonostante la disabilità motoria, abbiano sfidato i luoghi comuni e le preoccupazioni dei loro genitori per uscire, andare in discoteca, innamorarsi e sperimentare i primi amori pur di vivere la sessualità come ogni coetanea. Queste e tante altre, sono state le sfide più grandi che hanno dovuto superare.

Resilienza e assertività sono gli ingredienti principali grazie ai quali hanno conquistato l’autonomia e la libertà di vivere la propria Vita senza farsi bloccare dalla paura del giudizio e dall’ansia di non poterci riuscire.

Mirella e Zoe hanno avuto il sostegno della loro famiglia, tuttavia in più occasioni hanno evidenziato la loro mancanza di privacy e di intimità, a causa di Tate, personale medico e genitori apprensivi il doppio, che ovviamente hanno limitato il doppio, se non il triplo, quel normale processo di crescita e di autonomia.

In questo video la mia breve intervista a Zoe prima della Conferenza a Ferrara in cui presenta il suo libro. Troverete poi il cortometraggio “Nata Viva” a fine articolo.

Zoe nel suo libro è grata per aver avuto un motorino adattato che le ha permesso in modo graduale di acquisire autonomia. Il coraggio della madre e della nonna è stato premiato perché ha offerto a Zoe una linea di demarcazione fra il prima e il dopo il motorino.

Per le persone disabili è fondamentale avere in famiglia chi li accetti e contribuisca attivamente al loro sviluppo emotivo, affettivo e sessuale. Purtroppo in molte famiglie, i primi a non accettare la malattia, e a negare per eccesso di responsabilità e di iperprotezione, la possibilità di uscire e di fare le prime esperienze connesse all’amore e al sesso, sono proprio i genitori.

La paura e la preoccupazione che i figli possano innamorarsi e soffrire o, ancora peggio che nessuno possa amarli e che non siano in grado di avere una intimità di coppia oppure un’esperienza sessuale, hanno origine purtroppo da paure non sempre giustificate, ignoranza e convinzioni errate. Solo una percentuale molto bassa di persone disabili può contare su familiari, amici, e medici che le vedano oltre l’handicap.

Li trattano come se non fossero in grado di capire, prendono le decisioni senza considerare la loro opinione su fatti personali, e lo fanno anche quando diventano maggiorenni e il deficit non è cognitivo ma solo motorio!

Le persone disabili crescono con la percezione di non essere capaci e di non avere alcuna abilità da sviluppare, e non sono stati educati a decidere della loro Vita: a mio avviso questo è il vero dramma a cui si aggiunge il non sentirsi considerate una fonte di gioia ma un problema. Percepirsi senza alcuna utilità per la famiglia e per la società in cui vive, è davvero triste e frustrante!

La maggioranza delle persone con handicap crescono in un ambiente che non le vede mai “abbastanza grandi”, un un’ambiente familiare e sociale che vede purtroppo, sempre associato ad esse, un problema.

Un problema e non una risorsa

Già… perché effettivamente è naturale associare a quel figlo/a disabile una complessa e differente organizzazione che deve fare i conti con la presenza costante dei genitori o badanti, spesso 24 ore su 24. Oppure dover considerare tutte le problematiche connesse agli spostamenti, al programmare un giorno intero fuori casa, a come risolvere la “pipì” se non c’è un bagno accessibile o come conciliare la sua istruzione con l’ospedalizzazione.

Per chi frequenta la Scuola non sempre riceve sostegno per integrarsi con i coetanei, inoltre è un problema lasciarli a casa da soli, è un problema economico sostenere le loro attività extrascolastiche, ed è un problema affrontare la loro educazione sentimentale e sessuale.

Il messaggio quindi che i bambini percepiscono fin da piccoli è di essere “un problema” e, cresceranno sentendosi un problema perché creano problemi con la loro disabilità.

Il rischio più grave che corrono questi bambini è quello di diventare adulti problematici perché si identificheranno nella loro disabilità!!!

La sofferenza più grande riscontrata dalle numerose testimonianze è la difficoltà dei figli di comunicare con i propri genitori che parlano di loro come se non fossero presenti, non li coinvolgono, non spiegano loro gli eventi o i progetti che li riguardano o che riguardano in generale la famiglia.

La cosa grave è che si comportano così non solo quando i figli hanno disabilità cognitive, ma quando hanno disabilità motorie e sono perfettamente in grado di capire e di decidere. Non vengono coinvolti in tutto ciò che li riguarda, sia da minorenni che, a maggior ragione da maggiorenni, e sapete perché? Li vedono e li considerano come eterni bambini, spesso anche asessuati.

Leggete questa testimonianza di un uomo che ha oltre 30 anni e, pur avendo una vita sociale, per quanto riguarda la sua vita privata, non ha privacy e si comporta come un adolescente che ha paura di far arrabbiare i genitori se parla di certi argomenti Tabù e la famiglia non accetta che lui possa desiderare una vita affettiva e sessuale.

A questo proposito vorrei sottolineare che non è mia intenzione esprimere giudizi, mi limito ad osservare e ad ascoltare le testimonianze di persone adulte con disabilità motoria alle quali sono state negate esperienze di vita e si ritrovano con dei vuoti da colmare.

Ricordo le parole della Prof.ssa Erica Poli che affermava nel suo libro ” Le emozioni che curano” che, non esistono cattivi genitori ma genitori in difficoltà nella gestione emotiva connesse allo sviluppo dei figli.

Mi auguro che il Primo P.A.S.S.O possa aiutare a sostenere le persone disabili e le loro famiglie a far sì che possano credere nelle capacità e nelle risorse che si trovano oltre l’handicap!

Cliccando questo link 👉troverete un breve video che esprime quanto sia importante credere in se stessi ed essere supportati nonostante gli altri ci dicano che non è possibile riuscire.

Concludo questo articolo ringraziandovi per l’attenzione e ricordandovi che c’è sempre un modo per superare le difficoltà: SEMPRE! Il cortometraggio “Nata viva” di Zoe Rondini ne è un altro esempio.

Un Abraccio Cosmico

AnnA ❣